riflessioni sulla natura del tempo

    Da sempre l’uomo si interroga sul Tempo, circa la definizione che dello stesso si potrebbe dare. Per qualcuno è inteso come una “minaccia”: proverbiale è l’affermazione di un pastore al quale fu chiesto quanti anni avesse. Alla domanda rispose dicendo di non tenerne il conto  in quanto non sono pecore che possono smarrirsi. Preoccupante dunque la consapevolezza della caducità della vita umana rispetto all’infinità del Tempo. Eppure, ogni storia di popoli o di singoli individui, è “misurata” dal Tempo.

    

     Se non si intende quello meteorologico, a parlar di Tempo si cade inevitabilmente in una certa enigmaticità: il filosofo indiano Vjasa asseriva che il tempo è quella cosa che è sveglia quando tutto dorme e che rimane quando tutto scompare; che tutto avvolge ma che non può essere racchiuso. Lo smarrimento di Sant’Agostino di fronte al concetto di tempo è emblematico:”che cosa misuro, io ti domando o Dio mio, quando dico approssimativamente questo tempo è più lungo di quello o più precisamente quando dico che questo tempo è il doppio di quello? Misuro il tempo, lo so, ma non misuro il futuro che non è ancora, non misuro il presente che non occupa nessun intervallo, non misuro il passato che non è più. Ma allora, che cosa misuro? Forse il tempo nell’atto che passa, e non già quando è passato? Cos’è dunque il tempo? Se nessuno me lo chiede lo so; se voglio spiegarlo a uno che me lo domanda, non lo so più”.

    

     Aristotele ha fatto un tentativo di definizione del Tempo nel libro IV della Fisica: per lui  il Tempo è la misura del movimento rispetto al prima e al poi. Dunque misuriamo il Tempo con il movimento e viceversa. Secondo Plotinio il tempo è la vita dell’anima ma dobbiamo a Galileo la considerazione che il Tempo è definito dalle operazioni necessarie per misurarlo. Noi misuriamo il Tempo ed esso misura noi.

 

     Da “la conquista del tempo” di Alexander Waugh:

la misurazione del tempo in base alle ombre è un’antica forma di calcolo, probabilmente la più antica che ci sia, ma fu solo quando vennero inventate le meridiane munite di gnomoni che si ebbe un effettivo concetto di ore”.

 

     In un tempo come il nostro, dove i secondi sono scanditi dalle caratteristiche del Cesio 133 (il tempo cosiddetto atomico), parlar di meridiane è a dir poco anacronistico. Per molti sono strumenti vecchi e non più utili; per questo, dopo averle cancellate dalla propria coscienza, l’uomo le ha cancellate dalle facciate delle proprie abitazioni. Ma non sempre è buona cosa cancellare le cose che ci tengono in qualche modo “legati” al nostro passato. Dunque, oggi se ne costruiscono di nuove e si restaurano i vecchi quadranti. Sembra che le meridiane siano tornate a nuovo splendore.

 

 

 

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